Costruzione del marchio o brand building?

Mi sono trovata a dover riflettere da un punto di vista teorico sul concetto di brand building e qui sono stata costretta a fermarmi immediatamente:

brand building, qual è l’area concettuale di riferimento?

Sicuramente l’identità ma l’identità è fatta anche di aspetti linguistici, per cui riavvolgo il nastro e comincio a riflettere sulla costruzione del marchio.

Come si costruisce un marchio?

Ho provato a dare qualche risposta durante questa intervista a Radio Venezia Live Social ma nel mio rientro a casa mi sono venuti alla mente altri spunti di riflessione abbastanza interessanti a integrazione del mio intervento.

Intervista a Radio Venezia Live Social

La nostra Manuela Marchina intervistata per Diada nel programma radio #livesocial di RadioVenezia live Social, parla del Brand Building.#brandbuilding #comunicazione #marketing #diadacomunicazione #comunicazionesemplice

Pubblicato da Diada su Mercoledì 25 luglio 2018

Il primo e più importante spunto di riflessione  è proprio la definizione dell’identità ma anche la tutela della stessa, non tanto dagli attacchi esterni quanto dalla tentazione di scendere a compromessi per accontentare nell’immediato la più ampia platea di pubblico oppure per ottenere rapidamente un effetto o una gratificazione.

Mi spiego meglio con la favola di Roberto Piumini “La bambina senza nome”: la protagonista è una bimba con un nome come tutti noi e come per tutti noi il nome è dato per scontato. Un giorno perde la palla giocando nel parco, viene ritrovata da uno gnomo che le propone uno scambio: le darà indietro la palla se lei gli cederà il suo nome. La bambina vuole subito la sua palla e accetta la proposta senza pensarci, per poi accorgersi della grave perdita subita: tutti la chiamavano “tu” e lei immediatamente capisce di avere rinunciato a qualcosa di fondamentale, a quello che la rendeva unica.

Quando ho letto questa breve e profondissima favola ho pensato subito a quelle aziende che seguono le mode sperando di acquisire nuovi clienti scimmiottando i marchi di tendenza e rinunciano alla loro storia, al capitale di conoscenze, alle fonti creative interne.

Per lo stesso motivo di fronte al termine “brand building” che mi è stato proposto dall’intervistatore mi è suonato un campanello in testa: la mia identità è italiana, io ho un termine di riferimento per esprimere il concetto per cui non voglio usare “brand building” bensì “costruzione del marchio”.

Non farsi affascinare dalle soluzioni più facili, di tendenza, appetibili, è il primo passo nel processo di rafforzamento di un marchio.

Occorre fare scelte coraggiose, orientate a quello che realmente il mercato richiede e coerenti con quello che la nostra azienda può dare, invece che buttare sul mercato prodotti e servizi “piacioni” ma che non ci rispecchiano e non ci appartengono.

Secondo punto interessante per creare o rendere più forte il nostro brand è trasformarsi in vecchi giornalisti, i giornalisti veri, quelli che ti facevano le interviste guardandoti negli occhi e che verificavano le fonti delle notizie.

Guardiamoci allo specchio con un immaginario microfono davanti e rispondiamo alle fatidiche 5 W:

  • Chi siamo/Chi è l’azienda = mission = la ragione per cui esistiamo (c’è vita oltre al fatturato e agli utili)
  • Cosa facciamo ( e come) = veramente, ma non in termini di prodotti e servizi bensì in termini di utilità, in termini di bisogni richiesti e soddisfatti. Analizziamo la nostra filiera, dai fornitori, ai consulenti, allo staff fino ai clienti e ai portatori di interesse. Come portiamo avanti il nostro processo creativo-produttivo-distributivo?
  • Quando = domanda aperta dalle mille risposte, la più importante però rimane: il mio brand è quello giusto al momento giusto? Sto cogliendo tutte le opportunità del momento? Sto valutando le minacce?
    Forse un’altra domanda da farsi è “Quando mi metterò a fare una vera analisi SWOT del mio marchio”?.
    Non voglio essere pedante, ma per chi non lo ricordasse questa è la tabella di riferimento per chi vuole analizzare la propria azienda dal punto di vista dei punti forti/punti deboli/opportunità/minacce.
  • Dove= in quali canali mi sto muovendo, sia online che offline? A quale tipologia di pubblico o di cliente mi sto rivolgendo? Ma soprattutto, dove voglio andare con la mia azienda, come mi immagino tra uno, cinque, dieci anni? Vi dice qualcosa la parola “Visione”? Se sì allora siete pronti per la quinta domanda del vostro giornalista.
  • Perchè= qual è lo scopo ultimo della mia azienda? Perché dovrebbe essere scelta la mia azienda rispetto alle altre? Vedete come tutto torna in circolo e come l’ultima domanda, quella più difficile, si direttamente collegata alla prima, l’identitaria “Chi siamo?”.