Sei consigli per il tuo primo incontro con il cliente

Stile passivo versus aggressivo: i due approcci commerciali

Passivo o aggressivo, qual è il vostro stile nel primo approccio con un potenziale cliente?

Sicuramente verrebbe voglia di rispondere “nessuno dei due!”, sostenendo che siamo persone equilibrate, capaci di ascoltare e di metterci nei panni dell’altro, desiderose di risolvere i suoi problemi e non di “vendergli qualcosa a ogni costo”.

L’altro giorno mi sono ritrovata, stranamente per quel che mi riguarda, nel ruolo di cliente davanti a due agenzie e mi è sembrato un ruolo stimolante, che di solito vivo solo di riflesso dall’altra parte del tavolo riunioni.

Il primo incontro è avvenuto all’interno di uno studio di design, stavo cercando nuove soluzioni di allestimento per eventi: mi sono trovata in una stanza elegante ma spoglia (avevano appena traslocato) davanti al designer che evidentemente faticava a riconoscersi nel ruolo del commerciale.

Ci siamo guardati per un po’, io l’ho invitato a presentarmi la sua azienda e le sue soluzioni, lui a occhi bassi ha sfogliato un catalogo digitale mostrandomi una serie di applicazioni di prodotto tutte molto simili. Niente contatto visivo, pochi o nulla sorrisi, zero empatia. Bene.

Alla fine, dopo diverse domande, capisco che il designer è interessato solo a vendermi il suo brevetto di fissaggio dei mobili, non gli interessa darmi un’idea di progetto di allestimento, né darmi consulenza.

Il concept di Ikea dilaga, è molto più comodo vendere pezzi da far assemblare al cliente, presentati in modo molto appetibile, piuttosto che offrire consulenza e progettazione su misura.

Voi mi direte, è solo questione di budget, ma non è vero, ero disposta a pagare la consulenza e la progettazione, ma il mio uomo, definito commerciale-passivo, non era interessato, ha lasciato che guidassi io il discorso, non ha fatto nulla per rendersi interessante, per lui non ero interessante. Mattinata persa.

Nel pomeriggio capito in un altro ufficio, ugualmente spoglio ma brutto, con tante persone affastellate.

In quel caso cercavo invece consulenza su piattaforme digitali da utilizzare per fiere ed eventi: vengo fatta entrare in una stanza con almeno sette persone, tutte fisse su di me.
Spiego quello che cerco e che mi serve ma non mi lasciano finire, “aggredendomi” con una serie di indicazioni non richieste, alzando il tiro, trascinandomi in una visione del progetto che non ho richiesto.

Tono di voce alto, nervi tesi, sensazione molto sgradevole per nulla addolcita da frasi del commerciale-aggressivo come “lo dico per farle un favore”. Lo dice per il suo bene, per vendere di più.

Non c’è nulla di male a voler vendere il proprio prodotto o servizio, chiaro, ma i tempi del “vendere a ogni costo” sono un po’ passati, il Cluetrain Manifesto risale agli anni 90 ma il mio bell’aggressivo non deve aver mai sentito dire che “i mercati sono conversazioni”.

Lascio la stanza con un gadget molto simpatico (unica nota piacevole dell’incontro) e 6 considerazioni su come deve essere un buon commerciale:

  1. Offrire sempre un caffè (o un the, un bicchiere d’acqua,qualcosa che li faccia sentire accolti), specialmente se le persone hanno fatto più di mezz’ora di auto per venire nel tuo ufficio. Sembra scontato ma vi assicuro che non lo è.
  2. Adottare le tecniche base dell’assertività: se il cliente è passivo fare qualche domanda di incoraggiamento assumendo un atteggiamento aperto e positivo sulle sue affermazioni o richieste; se il cliente è aggressivo lasciarlo parlare e ascoltare le sue richieste, magari riformulando le sue dichiarazioni specialmente nei passaggi critici.
  3. Non insistere laddove vedete che il cliente si infastidisce, smorzare i toni, aggirare l’argomento.
  4. Tenere a bada gli indici delle proprie mani: mai puntare un dito contro, vale come un colpo di pistola.
  5. Chiedere il più possibile sull’azienda in merito al tema trattato senza fare alcun tipo di critica: se il cliente è lì ovviamente vuole migliorare qualcosa, se vi ha scelti in qualche modo ha avuto un barlume di fiducia in voi, inutile ribadire l’ovvio. Siamo tutti migliorabili, loro ma anche noi.
  6. Chiedersi se il cliente ci interessa: siamo sempre tesi a “catturare” i clienti, va davvero bene? A volte facciamo un favore a tutti, a partire da noi stessi, se selezioniamo a priori chi davvero vogliamo incontrare, a chi davvero vogliamo vendere qualcosa.

Ultima cosa: io solitamente sono dalla parte dell’agenzia e rileggendomi in queste due esperienze mi sono riconosciuta, anche se non totalmente, in uno dei due atteggiamenti. Qualche volta fa bene oltrepassare il muro e andare dall’altra parte per vedere come si sta.

E per capire come dare un’appagante “prima volta” al vostro nuovo cliente.